Domani dieci anni dalla morte di Kubrick Capolavori in tutti i generi: il più grandeMarzo 6, 2009 di Redazione
di Valentina DI NINO
Stanley Kubrick, uno dei piu’ grandi registi contemporanei, nella sua lunga carriera non ha mai vinto l’Oscar per il miglior film o la miglior regia. Eppure le sue pellicole hanno fatto scuola e sono entrate nell’immaginario collettivo piu’ di molte altre.
Nato nel Bronx, New York, il 26 luglio 1928 da genitori ebrei, Kubrick incontra l’arte giovanissimo, quando si appassiona alla fotografia. Nel 1942 venderà una sua foto alla rivista “Look” e inizierà cosi’ la lunga carriera dietro l’obiettivo.
A 21 anni il suo debutto cinematografico è un cortometraggio, “Day of fight”, che segue le vicende sportive del pugile Walter Cartier. Il documentario, autoprodotto, viene venduto alla RKO per 4000 dollari.
Il primo titolo importante della filmografia di Kubrik è del 1955, “Il bacio dell’ assassino”: racconta di un boxeur che si innamora di una vicina di casa insidiata da un losco personaggio e viene pure accusato di un delitto commesso dal rivale; ma, alla fine, la giustizia trionfa.
Bellissimo il finale del film successivo, “Rapina a mano armata”, la storia di un colpo organizzato da un ex galeotto ai danni di una ricevitoria di corse di cavalli. Al momento di dividere il bottino, qualcosa non va e c’è una sparatoria. Il capo della banda riesce a fuggire ma la valigia piena di soldi si spalanca e le banconote volano nel vento.
L’anno dopo, il 1957, è quello di “Orizzonti di gloria”, prodotto anche da Kirk Douglas che ne è il protagonista. La pellicola imporrà definitivamente Kubrick all’attenzione della critica.
Molte le sequenze memorabili di questo film, fortemente antimilitarista, che racconta quel che successe prima durante e dopo uno dei tanti scontri frontali risolti in massacro, sul fronte franco-tedesco durante la prima guerra mondiale.
Nel 1959 Kubrick si dedica al film storico, rivedendo, correggendo e modernizzando il genere. E’ Kirk Douglas, di nuovo protagonista e produttore, a volerlo sul set ma il rapporto tra il regista e l’attore, durante le riprese, non si rivela dei piu’ semplici. Il film, “Spartacus”, che racconta la rivolta dei gladiatori e degli schiavi contro Roma, nel primo secolo a. C. sarà benedetto da una grande abbondanza di mezzi, da un cast stellare (Douglas, Olivier, Ustinov, Curtis, tra gli altri) e da un gran successo al botteghino; vincerà quattro Oscar (tutti tecnici, a parte Peter Ustinov non protagonista).
Dopo questo film Kubrik sceglie di lasciare definitivamente gli Stati Uniti per trasferirsi in Inghilterra, di cui diverrà poi cittadino.
Il 1962 sarà l’ anno di “Lolita”, realizzato con la collaborazione alla sceneggiatura dell’autore dell’ omonimo romanzo da cui fu tratto, Vladimir Nabokov. Naturalmente la pellicola, che racconta dell’ossessione di un uomo maturo per un’ adolescente, ebbe i suoi problemi con la censura, così come li aveva già avuti il libro, ma certo fu una delle piu’ grandi interpretazioni di Peter Seller che Kubrick vorrà con sè l’ anno successivo anche per “Il Dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba”.
Un film sarcastico e allucinato sugli aspetti piu’ folli dell’allora equilibrio internazionale. I paradossi della guerra fredda vengono messi a nudo seguendo i deliri di un generale pazzo che, di sua iniziativa, vuole bombardare la Russia con ordigni nucleari mentre il presidente degli Stati Uniti tenta di fermarlo a tutti i costi, ben sapendo che, altrimenti, si metterà in moto automaticamente un marchingegno che, per garantire la pace universale, distruggerà la terra.
Con il film successivo, “2001 Odissea nello spazio”, Kubrick affronta la fantascienza. Un badget di dieci milioni di dollari, la maggior parte dei quali investiti in effetti speciali, quattro anni di lavorazione, un totale di 46 minuti di dialogo e 113 scene in cui la potenza delle immagini non ha bisogno di parole, servono al regista per la costruzione di un capolavoro assoluto del genere. Dall’osso della scimmia all’astronave che danza sulle note di Strauss, al citatissimo finale, numerose sono le sequenze del film entrate nella storia del cinema e nell’immaginario collettivo. Ma il film vincerà solo un Oscar, per gli effetti speciali.
Contestatissimo, censuratissimo, estremo, “Arancia meccanica” sarà uno dei film piu’ boicottati della storia. Tratto dall’omonimo libro di Anthony Burgess, racconta la storia di Alex, adolescente a capo della banda dei “drughi”, che dedica la sua vita all’”amata ultraviolenza”, mettendo a soqquadro una Londra futuribile e allucinata.
Alex fa a botte, ruba, stupra e uccide con gioia e senza alcun rimorso. Un giorno però viene preso e sottoposto dal governo a un trattamento sperimentale, la “cura Ludovico” che lo annienta, rendendolo sicuro per la società ma incapace di reagire, dopo tanta violenza inflitta agli altri, a quella subita da lui, da parte delle sue precedenti vittime e della stessa società.
Il film diede scandalo, dopo la sua uscita molti teppisti in Inghilterra dichiararono di ispirarsi alle “prodezze” di Alex per mettere in pratica le loro e le famiglie delle vittime della violenza delle bande giovanili chiesero il ritiro della pellicola dalle sale. Misura che la Warner, alla fine, decise di prendere, nonostante gli ottimi risultati al botteghino.
Dopo due film ambientati nel futuro, il 1975 vede Kubrick di nuovo esplorare il passato con “Barry Lyndon”, che racconta l’ esistenza di un nobile irlandese del settecento. Anche questa pellicola verrà ricordata per l’enorme impatto visivo e per la capacità di riprodurre le atmosfere rarefatte della pittura inglese dell’epoca.
Tutt’altra storia, invece, quella al centro di “Shining”; qui, il Maestro si cimenterà con l’horror, visualizzando un romanzo di Stephen King. Anche qui la follia visionaria del protagonista, un enorme Jack Nicholson, sarà approfondita da intuizioni visive ed effetti speciali. Il bianco della neve in cui è immerso ed isolato l’albergo in cui nasce e cresce la pazzia di Jack Torrence e il rosso del sangue che arriva ad invaderne i corridoi, sono le due tinte che dominano il film, anche questo citatissimo.
Nel 1987 Stanley Kubrick torna a parlare di guerra. Questa volta è il Vietnam ad essere analizzato dalla sua cinepresa. Anche in “Full Metal Jacket” il regista sceglie di ricorrere al sarcasmo per sottolineare una posizione assolutamente anti-militarista.
Dopo aver lasciato a Spielberg il progetto di “A.I., Intelligenza Artificiale”, Kubrick si dedicherà ad un altro progetto ambizioso: portare sullo schermo il libro “Doppio sogno” di Arthur Schnitzler, di cui aquista i diritti già negli anni ‘70. Diventerà “Eyes wide shut”, l’ultimo capolavoro, durante la lavorazione del quale la morte sorprenderà il regista, il 7 marzo 1999.
Valentina Di Nino
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